In the long run we are all dead
Nel lungo termine siamo tutti morti
Keynes
Nel lungo termine siamo tutti morti
Keynes
dietro la parete, stacco dei poli, al di là della forza,
assemblaggio di fuoriuscita, uscita dall'imballo e poi
sventrato, netto scarto di luce sequestrato, frequenza
dell'umore che frena, elimina ma infissa l'insistenza
stabilita, blocco d'inezia in salita, ristretto intorno
all'ostacolo, le cose a portata di stento, tentato allo
stremo e sterminante il tutto caricato all'alterazione e
sbloccato all'invasione, addosso, efficacia in aderenza,
stirata in dissonanza, biossido che non si stacca, ma
straccia, appunto stirato, e comunque giù di corda, le
parti in piedi, impalate contro ciò che consiste dentro
i giochi, nei pressi del cuore in gola, nei suoi mezzi,
bava a strapiombo come permesso dei prezzi,
chiaro codice di scadenza, fermo al delineamento
per cui distinguo ciò che corre, ciò che attraversa
la stasi retrocedendo al passo, diretto all'opposto
del blocco, pasticciando il globo con le relazioni
funzionali, di modo che se esiste un complotto
della frazione, lo squilibrio che regge la moneta,
l'oscillazione che rende partecipi a tutto, allora
la dimensione non è vissuto, ma avanzo del mancato
- lo scarto dell'irraggiunto, in piena rotta ancora,
fissile, in esso concentrato
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