lunedì 23 marzo 2015
[work in progress]
si è sempre rilocalizzato. spalancava abissi con W, A, S, D, per un passo dentro la ronda, l'allarme non era un effetto, ma il surrogato della causa. ed entrava nell'aria premeva bottoni di atmosfera per riutilizzarlo come scia. brutta discarica chimica, drone tra palazzi. labirinti aeriformi. e si respira per andare avanti, per svoltare l'angolo. che è comunque ottuso, acutisce il fiato. la polimerizzazione tra sudore e vapore acqueo. sono 2 liquidi ma fanno l'affanno. e tutto questo incolore inibiva la differenza. non ha mai potuto comparare l'oggetto. le finestre specchiate di un grattacielo parlano da sole, specchiano le altre finestre, pure senza sole. i mezzi sono da soli, come delle scarpe. e ognuna è lecita anche se non sono consequenziali. l'unica si può dire fotosintesi della frequenza, una pellicola con buchi d'ossigeno. dovrebbe essere una questione di meteo, che serve per andare in vacanza. ma lui non si sposta, lui vede tutto in un punto solo. non c'è bisogno di più cose, anche perchè respira. è la sufficienza. a me non piace, ma tu a lei riconoscerai la necessità delle robe
sotto la materia del centro commerciale, non c'è vera massa. è autentico quello che se ne va, che si volatilizza nello schianto dello scontrino. e non dirmi che tutto ha il suo prezzo se no significa che significhi, che sei schedato [cioè -(scaduto)] pure tu dai fotosensori dei listini, a più estensioni. hai prezzo anche tu, ma questo non è vero. non perchè hai valore incalcolabile, pare ovvio, ma proprio perchè non ne hai. quindi che hai prezzo non è vero. o meglio non è esatto. o meglio non è giusto, in quanto mediaworld non sarebbe più il moto di ritorno, ma solo un diffusore acustico che costringe le onde nelle persone, ne diffonde il valore. se mi dici che vali già altro non sei che merce distillata, alterata dalla sequenza di accessori che più raggiungono l'orizzonte più la loro qualità espande, come su scottex. e allora tanto vale farla finita con gli mp3. infatti ora vanno i lettori di persone, mpTE, caricando di attività tutto ciò che finge di valere solo perchè si mette in esposizione. siete sole sintassi di HDMI che non reggono il confronto con l'uso che se ne può fare. se si scava si ricava. puoi anche avere valore, ma come conduttore. lì forse sei come trony, non hai paragoni. gli impianti sugli scaffali contano perchè fatti, i micro hi-fi contengono il tuo merito, sono trasportatori di virtù. solo che appena il tuo calibro si stacca, cade da te, scade, procede in rinnegazione. unicamente marchio. quindi il cablaggio di avere e patire si fa scorticando una superficie in pelle
esce dal corridoio. viene arrestato pressurizzato dalla luce delle 16.44. è l'ultima luce, ma se blinda gli occhi funziona tutto prima. anche subito, ce la può fare. come se comandasse l'orbita solare dall'interno della membrana. finchè ce n'è da accorgersi. il lato della realtà si curva. l'imac non è più appoggiato, si sincronizza con gli aspetti della polvere. e finalmente si ha la risoluzione dell'assenza. classe efficienza energetica: 0. niente è dove dovrebbe [attenzione al doppio signficato]. quando si ha una sequenza si ha anche una gradazione. e l'iter delle cose non conosce il cartello dello stop. si devono muovere per forza, ma non le vede. il moto non è fisico, ma probabilistico. il suolo intercede per le riprese in alto e sotto. ormai sono inquadrature elastiche. e la modulazione ne ravviva lo scopo. questa mobilità sta all'osservabilità come un progetto sta ad un quadro. lo integra, lo permette. tuttavia non lo schiaccia, non lo oscura. gli fa solo provare il gelo sul fiato, e la postura nel peccato. e lui valeva fino ad ora. adesso sa che fa parte del pacchetto. ne va della sua coscienza. perciò si arresta, che deve fare. e ora anche lui è nel campo di osservazione, spostato da cognizione a idea. e attenzione che non son la stessa roba. è comunque fisico ma perde d'importanza. tra l'altro anche da palo fa ringhiera. sopra un precipizio infinito, ma ragazzi, integrato nel gruppo. comitiva che spedisce. a funzione d'onda ogni tassello bianco che non risponde al puzzle ma al suo posto nell'ambito del gioco. che non si smonta ogni 2 secondi. ma comunque quindi dimmi il senso. deve aver avuto un calo di pressione, lo dico con qualche sicurezza
segue uno spazio limitato, avanza sui blocchi di vuoto che bucano il reticolato. e passa da casa sua all'interno del sottoinsieme. non viene analizzato. procede al modo del miracolo. si ha una vita a vista, che funziona a zoom. ci sono sempre avvicinamenti, scansioni, relazioni d'ordine. e sta a quel movimento formattare le esistenze precedenti, le esistenze future. se campi in un metro non è detto che al suo cospetto sia circondato di Ym, magari tutto coabita lì. non viene spalancato, non si apre al mondo. agisce piuttosto a caricatura, sotto le opzioni di costanti cosmologiche. riabilita ogni rapporto nel potere del buco nero. e deglutisce senza il rischio di ingozzare. quando l'obiettivo cresce il resto si annulla, cede alla deriva. finchè non rimane un fuoco che l'umano accoglie. cioè tutto è destabilizzato in funzione. isolato l'1 il resto gli è alle spalle. ogni discarica è pronta per la carica. questo lui lo attua
tutti i giorni, nell'esperimento dell'azione. ora però si prenderà un pò di calci in culo. tanti calci in culo. ma poi verrà spedito in capo all'ellisse, nell'atomo del desiderio, dirai tu. invece no, perchè neanche quello lo vuole: si allontana al suo incedere. la costante non brucia, mantiene la simmetria con la disperazione. il consumo ha detto basta con le coordinate, buttiamoci sull'umore. irride l'iridescenza di tal dolore. l'uomo non può altro che isolamento, discordanza, rimozione. completa la gravità repulsiva in un'ampiezza che non gli compete. ed è lui la secrezione che fluisce dall'incontro tra la volontà di schopenhauer e ciò a detto da einstein, il suo peggior errore
le onde che si aprono sono distese, in discesa. riescono ad incontrare tutti, ma mai nessuno. presentano varie tipologie ma con una paura comune. si riconoscono per il terrore dell'isolamento, lo vedono un errore scaduto nella deprivazione, MKULTRA ecc. ciò le rende unite nella diffusione. la loro socievolezza le rende meccaniche, protendono in uno spazio che ne richiama un altro e le vedo che si aggrappano su innesti coabitati, società ridotte all'esistenza senza coscienza. su base di costruzioni interne, da fabbricati passano a fenomeni, da fenomeni a finzioni. poi però, capitola il nuovo arrivato. lui c'è sempre, e si porta dietro un DNA culturale, ha il suo carattere più l'esigenze. rappresenta la risonanza dell'esterno, la cavità che è lì da sempre. scoppia un panico estratto dal profilo economico dei centri, dal bilancio di pressione, è piegato ogni media elettromagnetico al WARNING della guerra. si entra in casus belli con i nodi, i punti che propagano l'infinito nella corporatura dello 0. dentro uno 0 si può cadere più volte, e se si comincia non si finisce più. stanno immobili, sintetizzano la FED eretta dalle frequenze di colore, si annullano per l'espansione. meglio, la direzione che mantiene ogni imperfezione a curve. quando si incontrano non ci sono mezzi termini. alleanze o annientamenti. e vince il sociale. dove l'umore è più alto cresce il monopolio. il dislivello vige nella descrizione del carattere. qui corrispondono le onde empatiche. il loro capirsi è contenuto nella legge della sottrazione. <3 per il -. l'amore si frange al compromesso. è la vita di coppia. è esigenza del contatto, in un'interferenza che non costruisce nè distrugge. dice solo sì al collimare di 2 equilibri che formano lo squilibrio. direi quello esistenziale
è fatto di materiale scadente, tubi riciclati, ammassi forzati. sono cose che sfruttano il principio di assemblaggio, che beneficiano delle condutture degli elementi. per questo producono ossidazione dell'insieme. non gli fà nè caldo nè freddo, alla questione termica hanno subentrato un groviglio fossile. insomma un contenuto, pieno di fori e buchi, in quanto inghiottono le rotte, fanno sì che evoluzione o regresso siano intercambiabili, un supporto per la costruzione. e negli spazi freddi sbuffano errori, descrivono l'analitica dell'abbandono. non stanno neanche più in fila, non sono ordinati. occupano il tempo enumerando i secondi, fanno ordine nella disfunzione di quello che non sono. nel loro non riuscire, ipotizzare un sistema significa dare al vano una chance. lo fanno significare. dal loro oculus emerso dalle placche, non si danno un senso, ma conducono il senso nel loro interno, esce come disturbo, FDM andato, proiettano di fuori la disfunzione che è il rapporto fra essi e il resto. il pensiero percorre binario finchè non nasce la vita. dopo consta di ripetizioni. perchè anche se succede fuori ciò che succede dentro, il dentro si vedrà come fuori, e il doppio fuori come un doppio dentro. ed è tutto realizzato sul nastro trasportatore. la dimensione di fronte al visore ha un unico criterio. varrà lui, ma chi è consapevole fa 1+1. ne escono 2, ma 1 con la coscienza dell'infinito. gli strati dipendono solo dallo sguardo. e i difettosi poveretti sanno. sanno di essere 1, 0 sarebbe troppo bello. sono soli contro il loro campo prospettico. vanno a scatti, tentano di muoversi. nonostante gli spigoli del loro corpo. si trascinano con tentacoli di nichel. sono un pò pesanti, per questo costrutti. e cadono con suoni metallici. rimbombano nel vuoto. fanno eco al vano
a volte gli capita di fissare la parete del suo ufficio. ma lo sguardo fà ossimoro col pensiero, lo tradisce. la congettura fà della retina un brano di supporto, un mezzo per il fine attraverso shock nervosi. vedere diventa teoria. l'ametropia scava, brancola nel buio del soffitto, dei condotti. accade uno scorrimento capace di integrare il passaggio dalla metrica del reparto alla graticole interne dell'edificio, all'uso di un compressore di buio. sbavi di luce sondano scalinate retrocesse in ferro, permane l'anonimato nella salita, nei rumori sotto fase. e capita anche di assimilare il posto con la zona, di far parte del labirinto a raggi X nonostante non si partecipi. si è dentro, nel raccoglimento della routine di blocchi di serie in alluminio o acciaio inox, rombi elettrovalvolari, forni a rulli, si vive nella piattaforma del proprio futuro. lui è chiuso, nella serrata che serve per bruciare, ma non capire perchè si brucia. stà nell'isolamento, relegato in un cubo che interagisce per predestinazione. diciamo che la volontà metafisica funziona solo nella condensazione della moltitudine di inerzie. ridotto a liquido espande in perdite di carico localizzate, sotto limatura. è così che accede alle periferiche, così si inabissa senza impatto nella risonanza dei reparti segreti. non vale proprio nulla. per questo può vedere tutto. si potrebbe tentare il curioso esperimento di dirgli sei libero. si, già. si annullerebbe, probabile. perchè così dovrebbe reggere i decubiti di peso del posto. imploderebbe, probabile. è molto pericoloso trovarsi nello spazio di lavoro di un robot industriale, perchè passa investendo. lui invece o passa senza investire, o investe senza passare. se fosse libero sarebbe un problema, in effetti. capirebbe che nessuna delle 2 opzioni ha importanza
dove c'è qualcosa, fatica a resistringersi altro. viene fatta registrazione, tutto elencato, mandato, dato. il posto resta comunque un concetto strano. essere il posto manda in mona lo spazio. trae il margine nel proprio scacco. e dopo aver materializzato questo attraverso lo schema sensoriale 20 megapixel di 1 fotocamera mirrorless, cominciò a comprendere che una totalità può essere catturata, venire impressa nella microsezione rievocando una ferita. che con l'esattezza dell'inclinazione potesse apportare un taglio. e come tra il luccicare dei corridoi/reparto di comet elidesse la differenza tra quello stato di cose e il procedere dell'evento naturale. l'affollamento tecnologico lo portava sull'avanzare, sul concetto di spostamento. come adopera lo spettro elettromagnetico, che rimanda e incabina, parte da un pretesto per rendere al mondo un resto. produce uno scarto. sproporziona il contesto. è accerchiato, ogni display = sguardo, espansione del rimando. cantate domino canticum novum ad accelerometro. magari android. ma poi vengono le crisi di panico, normali effetti collaterali. lui si sposta. dagli apple agli iphone 6 ma comprende sempre meno. i piccoli LED organici tagliano porzioni di cervello. gli si riversa per squadrare una riserva. gli fanno vivere il contrasto della risoluzione. lunghezze d'onda radio lo spaventano. lo traumatizzano perchè gli dicono tu sei il tutto a tuo scapito, non c'è altro posto che il tuo ridimensionamento. dunque va in pappa, e funziona alla socrate, non sa di sapere. non era così, comunque una cosa del genere. si ritrova in spirito in guantánamo, sotto cella tipo cameron, bombardato per finire alla riduzione di coscienza dentro uno spazio. l'essere un -, essere 0
vicino a un capannone, sempre nel sepolcro della giornata. l'ubicazione è una grata che comprende la sera, le realtà emittenti lampionarie, le luci in serie che colpiscono la notte in tinta di scintilla. là nei coni di contrasto, dentro un angolo della vanità pulsante della luce, succede la frizione grazie ai cateti. l'asse del cono è il cateto intorno a cui il solido è costruito, lo dice la wiki. tutto ciò che rientra all'interno sa che ne uscirà all'inverso. invertito, invertebrato, divertito. per una volta avrà uno scopo, un tragitto da seguire. la distanza insegna ai semafori il valore dell'intensità, che rilasciano sotto forma di ordine urbano. e lo stesso i lampioni, ognuno di loro vale, sia che partecipino al transito o alla sosta. il loro scopo è stupido, fuorviante. servono al pusher, di solito. eppure recidono l'aria serale per un'azione di convoglio. si cammina accumulando porzioni, ma l'insieme dei lampioni non è di questo mondo. qui sono collocati nel dovere di rendere conto l'uno dell'altro, in posizioni di posa veicolare. la strada prosegue verso il basso, tassata se necessario, e nell'alta velocità può sembrare piegarsi, assumere una rappresentazione parametrica dettata dal corrispondere dei fasci. ogni apparecchio ad incandescenza comprende un netto di scarto, compreso a sua volta in una totalità che funziona per accumulo, a tonalità. chi cammina in serata lo sa, sa che ogni luce è una scarica, un accecamento, ed è proprio per il servizio di cecità che offrono che servono. più dei volt è il vuoto a cartacce, a mozziconi atterrati che ne compie la cartuccia, che ricarica. fungono da fotoni e il loro abbracciarsi porterebbe ad un inceppamento, al surplus delle sezioni che scandiscono l'abitudine, il vivere pubblico. non può esserci, perchè la città è settaria, e la luce di servizio fu posta per non accelerare il surriscaldamento globale, forse. forse per mantenere il paradosso, che può apparire una legge inviolabile. più ancora però si vedrà nella suddivisione l'unità della resistenza, impedimenti, ostacoli contro il nero. ti prendono e vedi solo quello, contro il nero. così dev'essere, soprattutto per chi del dolore comprende il lato cool, il calcinato suo odore
dà l'incastro a due tipi di spazio, dalle panchine poste come punti di vedetta, disposte a formare un atto di respirazione, appunto l'altro spazio. il verde si formalizza a chiazze, scorre tra il granito e l'otturazione. la strada che parte dal parchetto spedisce [a pacchetti] le persone nelle zone più disparate. agisce a nastro magnetico per le vite. cambia colore ma s'irradia nel nodo che scioglie strade, con gli appositi segnali, superposizione dei marciapiedi, baratri di qualche m di calcificazioni. il funzionamento della velocità è controllato, indotto. il pestato è un colpo di ritorno, coordina la massa nel capire che esiste l'equilibrio. e poi si sfrutta la cosa. sopra le altalene usate come transizioni di fase si può oscillare tra Dio e merda, finchè si mantiene l'asse dell'oscillazione va tutto bene, perchè l'aria cambia posizione, diventa automatica, e i tubi che sono di solito catene sincronizzano l'intreccio anellare con la cinetica della posizione. questa abilità la usano i bambini, ma pure i teenagers, sotto gli smartphone si espande un mondo pieno di minicasette di legno, vecchi coi nipotini, rottami, di ausilii per il contrappeso. ma più si passa per i diametri in disuso dei cestini, le siringhe buttate per terra, birre vuote che fertilizzano l'humus, si sposta l'attenzione dall'armonia per andare sul bilancio. le industrie ne sanno qualcosa. i mcdonalds fungono da punto di fuga per la proporzione, la includono, la disfano tra i tavolini ancora pieni di rimasugli di quello prima, tra il rosso e le enormi vetrate che fanno capire che quello non è l'unico posto, ma il più indicato per il bilico, l'happymeal è misura. ikea idem ecc. allora tutto diventa funzione e la funzione di tutto deve non aver funzionato molto oky. dev'essere rimasta bloccata alla fermata di precarietà per quel che riguarda la decisione del punto. senza novità ma con complimenti. ha saputo sfruttare il punto di probabilità per sollevarlo per chinarsi per levarselo da sopra per chi può darsi lui o lo sbaglio del perchè nasci
nel giardino e va buttata subito lì, perchè si comincia da 0. i fili d'erba sanno compattarsi a strato, producono invasione. deve riuscire a liberarsi dal creato, dalla creazione. superare i fasci di luce che agglomerano barriere ad alta definizione, definendo difesa l'area che disfano, tagliano trasversalmente. riuscire a deconcentrare i blocchi dal loro nesso, rompere i legami interatomici per la benedizione delle parti. cancellare la transizione fra le due fasi. perchè se non le prendi insieme si vedono i livelli. veicolare, differimento da 1 al prossimo 1, che grazie al rinvio diventa 2, 3 fino alla giusta procedura, la statica stabilità che concilia invece di congiungere. la divisione concede il valore all'∞. vede nell'∞ l'evoluzione che se usa + divengono l'eterno il Dio padre. ha cambiato approccio. per eludere i muri energetici si usano diverse strategie e apparecchi.
1) annullatori assorbenti. i muri energetici stanno lì per impedire. se li si accosta e li si metrica in relazione allo scopo sarà facile riprodurre la resistenza elettrica nell'apposito conduttore. controrisposta logica. cioè il niente. basta farglielo capire. se si vuole utilizzare spinoza va anche bene. loro hanno senso perchè il loro senso sia una traiettoria tirata senza un fine e un letto, un vicolo cieco. non hanno senso. ci sono, ostacolano, ma senza motivo. campo d'azione senza scampo. assorbanza = sviluppo logico.
2) laser concentrati. ogni cancello è un limite, una verifica, il test dell'attraversamento. ogni limite è un tra. ha dunque 2 punti di convoglio. se si alimenta 1 dei 2 punti il limite varierà a seconda, non è stabile. se un punto ha più valore di prima il limite si sposta senza bisogno di toccarlo. cambiano i suoi riferimenti, i limiti suoi. prende la mira e con il cristallo connettore accompagna la luce collimata alla trafittura stimolando l'emissione. rosso acceso. colpisce a apre.
3) sistema di ventilazione. qui serve una spinta sotto spiraglio di correnti gassose. una volta attivato il circuito le pale rotanti possono compiere 2 mosse. elevare lui o elevare il resto. se elevano lui salta, tranquillo. se lo fanno col resto del posto ci può passare sotto. capisce di essere troppo piccolo. ventilatore assiale = coscienza abissale. così deve aver pensato adamo
ci sono delle profondità chiuse, una sequenza di stanze. il modo per aggirarle è ruotare il dispositivo rotante applicando una velocità di pressione alle porte di forma circolare. sono, per chi vuole, utilizzabili per mezzo di una frequenza di campionamento, scriptate in varie modalità. si hanno sensori di movimento, audio, ottici, l'unica cosa in comune è che devono essere indotti per processi ripetitivi sull'unicità dell'obbiettivo. quando si presenta dinnanzi a queste porte automatiche può fare di tutto, muoversi, urlare, usare la forza. l'accesso è consentito, si potrebbe dire tramite ogni azione per un principio di inerzia. qualunque cosa lui faccia va bene. si deve leggermente scomodare, ma capirà anche che è la possibilità che si presenta prima dell'azione. e dopo aver inteso questo si vede lontano, in un'altra stanza, dietro una specie di bacheca, un muro di vetro. e ogni volta che dice eureka e gli si illumina la lampadina sopra la testa questa cede, il filamento evapora, gli elettrodi canalizzano lo scoppio in tutte le direzioni, e lui le vive, e per ogni vita c'è un nuovo flashover e il luogo e il possibile si antecedono, fanno a gara per chi parte prima, per chi arriva ultimo. avverte in ciò una tipologia di guasto, ma grazie a questo sta dove non stava, andava dove si vedeva, e il passaggio per la porta è stato aggirato, eludere le possibilità fu [!ATTENZIONE!] possibile. non che ne avesse bisogno, la cosa era facile, praticamente automatica. ma lui reca in sè lo stesso funzionamento della porta. non sa che farsene. una volta acceso diviene accesso, adoperando su tutte le camere la propria presenza che presenta l'evidenza di come se una cosa è successa glielo doveva. non c'è miracolo in ciò che accade ma calcolo mirato. e se lo pensa, è perchè pensato, fatto santo, essendo ora ubiquo. e moltiplicato si dà da fare, ricopre le pareti dei locali con striscioni di delimitazione, cartelli segnalatori, nastri di möbius nell'alternanza di nero e giallo, e finalmente si spiega che solo il fatto che l'esistenza esista, sottoscrive la presenza di una striscia sulla quale è inscritta, a bande di segnalazione magari come quelle che metteva ora, per ricordare che al di là c'erano generatori a corrente alternata tra buchi di vuoto immensi, zone da cui proteggersi grazie alla dicitura ALTA TENSIONE
le cifre si susseguono. fanno il loro gioco nel tempo perso delle autostrade, in cui auto destinate alla stasi delle code esistono per essere graduate, per portare lo stop al suo merito logico. riescono lì per lì a costruirlo, a conformarsi all'evoluzione. e le quantità sono paralizzate, sospese per la felicità di google maps, e il bello è proprio che perchè sono tante è come non ce ne fosse nessuna. perchè 1 possiede valore nel 2. se il 2 non c'è 1 è tutto. il tutto è niente. la dignità dello 0 può essere questa, forse è proprio una moltitudine con regole di convivenza, sbocchi, convergenze, vettori innestati sul fine di inerzia, su i facciamolopassarevà e 'fanculi autoattraversanti, attrattivi per mantenersi. così fosse, lo 0 non esistrebbe, tanto sarebbe uguale alla quantità. merda. o lo 0 non si vede, o. da o a oh-oh. annichilita tutta la speranza di quelli che grazie allo 0 trovavano valore. mal comune mezzo gaudio, il loro motto. chi è uno 0 l'ha capito. quindi l'uomo l'ha capito. grazie a me l'umanità l'ha capito. ho operato per la canellazione dell'utopia. reset, resa 0. toh un altro 0. devo cancallare pure lui? devo cancellare l'essenza ultima della felicità?
mortificato. non posso cancellare quello che non esiste
gli affollamenti vanno nutriti, si nutrono. assorbono la natura euclidea delle viette, ridotte a tubature sotto la luce solare. poi si può allargare, e i viali sono a bande, zone infette di vita, recise, corrompono stabilimenti VENDESI, benedetti da chi i viventi vuole smuoverli, levarli, i pali segnalatori. le frecce orizzontali si stagliano contro l'incognita dell'orizzonte, si misurano contro le xyz di direzionerallentamentopericolo a cui cedono il passo, venendo tradite dai cartelli che gli succederanno, superate dal risultato di una combinazione diversa di sè stesse. è un giocoforza d'evenienza, il calcolo delle probabilità di ingranare una rotonda a forma 0 prima della succursale in salita, che se la beccava nella proiezione inversa era in discesa. la base risiede in una manutenzione che solo il motore può esperire, riserve di gas che raccolgono l'assonometria dello spazio, che da un incrocio riescono a mostrare porzioni di parcheggi e apple store infossati nella circolazione delle travi, i quali riflettono un nuovo punto di vedetta, e ogni cono di luce e aria è incastro che percorre piani, penetra finestre e scale, raggiunge non l'onnipresenza, ma la facoltà della vista. ma capita sempre di restare assediato, recingente da palazzi che commettono l'assassinio della visuale tout court, stagnati nelle piazze. qui si incarnano campi di forza, si dispongono dentro le associazioni tra palazzi e persone. incavate nel proprio perimetro sono un corpo neutro, per questo riempite, e per questo neutralizzatrici di tempo. a titolo della 3^ dimensione, trattano la 4^ tale agli studi legali a cui fanno compiere il girotondo, e ogni movimento è in realtà un moto morto, la gente si siede, legge, parla, passa. butta la giornata, sottostà alla strategia della piazza. che non fa altro che manifestare il riflesso speculare del fatto che l'uomo è niente, tale e quale, da buttare
ancora sosta l'aria dentro la villetta singola, che diviene la bilancia dell'aria che c'è fuori, nella precipitazione. come riparo avverte la stessa pressione da ciò che si ripara, un effetto degli aghi che rispondono al piombo che subiscono, condensando nelle cose un peso, offrendogli una dote, un'importanza da tragedia, la consapevolezza atmosferica della fine. dev'esserci una specie di guasto. nell'interno le luci non si fanno eco, replicando l'intervallo tra goccia e goccia, da un colpo all'altro, la sconnessione dei moti fotoelettrici dei neon riflettenti l'energia del fluido. in-out. hanno un punto di fusione. la replica è ciò che li unisce, che rende 1 = 1/1. ma la frazione ha forza propria, pesa sui fotoni innalzando biosfere addosso i lampi. fatto che 1 dei 2 1 sta sopra, viene prima, è diverso tramite il tempo. lo spazio gli dà ragione. nella casa le radiazioni incoerenti ricalcano la planimetria evidenziandone le sorgenti, a intermittenza. vanno e vengono. on-off per questo peccato algebrico. registrano dei frame nella frequenza dei palinsesti. vengono fissati [a. diventano fossili b.da qualcuno], e ciò comporta orme indelebili che lui memorizza. e a osservare subisce marchi infrarossi nella coscienza, immagazzina la gerarchia della quantità. ma lui è 1. per lui le cose sono 1+1+1+tutto ciò che è depositato nell'abitazione, isolata nel suo addizionare. c'è sempre un numero limitato che si presenta come 1, appartato, smontato, smembrato. e nel nero della notte ogni zona illuminata esclude l'altra. il pendio della parete viene discriminato dal +, il mondo si rompe nella consapevolezza che tanti + [un ×] formano un / [a × b = c, a = c : b]. solo che nelle stanze vuote è tutto un pulsare la frizione che riesce a frazione, a dividere, tagliare, infliggere dolore. dalle assi superiori precipita l'ecchimosi subita, gli angoli e l'incidere dei bordi sono lesioni e nell'orrore crollano scivoli che rendono visibile la coagulazione del sangue, nei parametri paretali coli rossi. a forma di /. precipitano tingendo l'occulto dell'abitazione, che ancora una volta è rapporto tra pioggia e sangue, 1 e 1, × e /, nella cognizione che tutto si spegnerà. certe cose è nel buio che fanno il loro effetto
se sono scambiati i perni fa prima. si tratta di una vita nella vite dell'apparecchio. il plurale della 1^ forma il singolare della 2^, tanto basti. [è che la vita non ha giustificazioni]. tante viti significano una produzione moltiplicata, una pluralità di vite pronte a combinarsi per farne riuscire una, la vite. [e più si va avanti più le giustificazioni vanno indietro]. e il solido propone all'esistenza nuovi infissi, considerazioni che formano i vettori della profondità. chi riesce a comprenderne l'automatismo ne ripercorre il corso, congiunge l'inversione del tracciato. non trova più infissi inflessi ma solo l'opportunità che gira. però non trova più il sotto e il sopra, nè il davanti e il dietro. ogni punto è il fulcro della perdizione. toglie il significato alle superfici e restano ammassi di linee. senza che reggano niente. nella scomposizione riflette la realtà. e nella realtà riflette la composizione di uno scomporre senza realtà. estrae due piani diversi, di versi, che completano il dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. sussiste colmo e vuoto. colmo di vuoto. dire che sia vuoto è comunque il colmo. e nello spessore del dispostivo non c'è convivenza, ma la vita, che risiede tutta nel micromeccanismo della tenaglia giocattolo, potrebbe terradive, nella plastica che con uno scatto provoca la trazione dei piccoli bulloni, congeniati per trasferire ciò che sta’ dove era, e ciò che non era dove ora sta’. fa lo scherzo, li scambia di posto. ma già nel posto c'era uno scambio. quindi scambia lo scambio e tutto si ritrova alla partenza, alla matrice della vite, traccia di vita, pattern di morte
monta in bici, e infilzando le grandi metropoli, contagia la periferia, che scansiona in bici, per poi recuperare la sequenza delle scansioni in centro. questo è un raggio dinamico forzato, si scinde in zone cubiche, zone franche, le piazzette, i monumenti che schiacciano le attrattive del perimetro. tutto passa per una velocità incostante, defibrillatrice che innette insiemi A di realtà per distruggerli, annettendo. o meglio, non distrugge, ma passa sopra, riesce a caricare tutte le traiettorie del cittadino nel grande software della cosa. che, se uno passa, non si accorge. poi se vedi dall'alto, nemmeno. perchè non si tratta di accorgersi o meno. la pulsazione del tram sa implicare nell'organismo, lo fa anacronismo del muscolo e sotto, la metropolitana non aziona la verticale, ma zona più distante dell'orizzonte. dirai ovvio, va bene. ma più ci si allontana, la deformazione agisce sulle luci, i cancelli fanno vedetta, serrano, un grande gioco di morsi. e ogni circuito delle case diventa confine dei negozi. e coin, oviesse, fastweb ormai i centri nodali, l'altro, il profano ritto davanti al tempio, solo che non si capisce più qual è il tempio e qual è la merdina di cortiletto, passi più tempo in un posto che in un altro, ma questo è incluso nel concetto del tempio, non ci passi una vita, ma solo gli agglomerati di estasi, o di nullafacenza o di ipocrisia, non si sa, ma comunque afflussi sferici, a più assi. ed è quel raggio che dipana ogni indifferenza sottoforma di frequenza, canali di onde soniche contro ciò che non è scomposto, che ancora regge il posto. si attivano tanti di quei decibel che l'ampiezza si concretizza in un passaggio, non nello status quo protetto, ma in pressione [e fa impressione], nella forza che passa a concentrarsi su di lui che grazie a lei non ne ha più il tempo. l'inversione sottostà al movimento, come lui sottostà dentro al portico del centro, in cresta parabolica finchè non si riassume, facendolo decimale di quell'accidente necessario. l'espulsione avverrà nella stessa misura in un punto a caso, nei parcheggi sotterranei, gli elettrodi dei centri commerciali che intensificano l'energia delle auto nelle apposite aree squadrate di giallo di caricatura, batterie tra colonne sospese con le luci residuali, tanto per farti capire sei finito in un baratro messo a lucido, la vita è agli ASCENSORE -> o agli schermi degli exit. tutti pronti ad offrire luce dove questa con un'onda ti riduce, dall'alto dell'inclinazione nella clinica chiamata azione
come passare può essere problematico. nel senso che lo attaccano sparatorie di allarmi, cavità da cui cadono led rossi, colmano i servizi di presupposti di emergenza. non c'è più buio, tutto è chiaro, tutto è troppo. quando molleranno suoni e colori per fare ubicazione al senso, la decadenza di ogni buon recettore, si potrà attivare una configurazione dello stimolo, CG del perchè inibirlo. stato d'animo out. all problem collassanti. no comment. la percezione è instabile, sospesa fra Hz di segnali, è un viavai sonoro, frequenze di piacere, la temperatura dei nervi sale ad un'altezza per la quale il senso perde senso, la sinestesia anestesia del controllore, della guardia, quello lì, teaser in tasca steso sulla sedia impigliato nelle interferenze, 10 000 monitor che rubano l'occhio per scostarlo, targettare il cervello. ristretto dalle emissioni. alla lunga schiacciano, si fanno presse. riducono xl a s. e tutto 'sto casino per capirlo, che c'è casino. ma lo capisce ma non sparisce, sosta, sospende, ha un'eterna attesa. gli indicatori optoelettronici accrescono luce, rilevano tutto. ma non serve a niente. tutti i 30 000 recettori si uniscono nella consapevolezza della luce, privi di unione e divisione, solo nella luce. e a questo può seguire, se sveglio, una cognizione della luce in sè, come fenomeno ondoso, corpuscolare, subdolo che riceve per dire non c'è più buio, ora puoi vedere. e nella vista totale lui si perde, ci rimette il significato. si muore a 360°, trasduttori del fatto che il buio dona vita il nitore uccide, a raggio, e come riflesso all'ombra è meglio vedere tutto, calarsi nel rimorso, spegnersi nell'accensione
riesce se vuole a raggirarsi, girarsi a raggio. non ne fa un vanto, sa che è un tempo vuoto, lontano, distante, remoto. è staccato. diverge da tutti gli altri posti riempiti di passi che ha fatto. di più non sa fare. saprebbe farlo ma sente che l'esserne in grado gli è di ostacolo. almeno per un antivalore personale. nel centro della testa, tra mensole o travi di pozzanghere e pozzanghere che hanno il riflesso dei suoi gadgets[materializzati a testa in giù souvenir, radio, se un pò nerd action figures] avverte un aspiratore catatonico, un grande varco che inala tutto, come un respiro al contrario. inversamente sente di dovere molto al niente che prende il posto. sopraggiunge la concezione. vuoto non è intero, vuoto è proprietà invertita, un trasloco. non vale molto come 'ste cose si spostano, non ha tanta importanza. fatto stà che gli succede, e addebita a ogni lembo di vuoto un sopra e un sotto. se non è corpo unico, si dice, ce ne saranno tanti [se no che servono i camion traslochi]. riempiti di poligoni di ruggine ha il flash. sono condensati come piccole palle, filtrano tra loro palle di ferro neodimio definite, 126 pezzi. si ricorda così. le ricorda come creta sci-fi, e in effetti agiscono da pellicole trasportanti. sono i bordi di un flusso. come un tubo di gomma, indirizzante. contengono al loro interno tunnel. che passano. quello che è sotteso non ha idea di come darne un'idea a lui. sono cose complicate, per lui. può solo decifrare che uno di questi passaggi vale tutti, in generis. cose elastiche, cose scosse. ma può comunque, secondo un'associazione di idee, immedesimarle ai suoi giorni, a ogni ora della notte. perchè non è roba stabile, insiste nel moto y=f(x) e funzionano a funzione, se la vedono tra di loro, e questo vedersela fra di loro ricorda una mini-stringa, simpatica come. non c'è più relazione di tempo, di distanza, ma solo l'azione che gonfia una bolla rispondente, che corrisponde alla sua esistenza. l'unica loro dimensione è la tragedia del fatto che una vita per riempirsi ha bisogno di dilatare, di dilatarsi. che ci deve essere modifica di segnali. che l'alterazione deve essere riprodotta in una cosa come il respiro. che non spira, caso mai, caso limite che poi succede sempre, si blocca, e finita lì
2 oz rum (white) 3/4 oz lime juice 5 oz cola
put lime juice and a twist of lime into high-ball glass. add rum and fill with cola. let's go party, let's go martyr
come costante lo sballo entra in campo, si prospetta, si aspetta, e la sua presenza garantisce l'assenza del suo spazio, i limiti, gli accessi, depositato negli eccessi da cui fa manovra, pilota decubiti in potenza, e dall'astinenza li eleva a potenza, chi non sballa tratta di una base sconosciuta all'esponente. una cosa che si relaziona con altre cose senza il rimbombo, un detrito piccolo, lì, nello spigolo della dx, nella cabina che conduce un corpo solo a farsi tot volte solo, ma in estensione, astenuto di compagnia, staccato dal rapporto, incrementato a strati, indurito dalla sua unicità, rafforzato. chi sballa di solito non conta, non riesce nello scambio degli addendi, nelle radici, nell'ordine aritmetico, visto da fuori però si comporta come un grafico, nel buio del vicolo fa la parabola, contorce il corpo ai ritmi dei gas di scarico, cervello combinato con l'umidità, è uno scioglimento che porta al posto delle ossa gasdotti, e il posto ad un punto aereo, una coordinata volatile nel tronco encefalico della stradetta contro il lampione. chi sballa non si vede ma si sente, attua il cogito ergo sum nel vomito che usa come conduttore di eccitamento, come bilancia, emette la felicità che non può più stare dentro di lui. qui si discorre di sballi alteranti, ma chi sballa non legge, aleggia, e può farlo a prezzi molto ridotti. mica tanto in realtà, ma un bacardi costerà sempre 11€ al max, e insieme alla coca cola possono innestare reazioni nucleari, il suo nucleo non fa altro che sprigionare nelle bollicine della bevanda un sapore che sa-porre lui in relazione alla sua inezia, una coglionaggine che si propaga dal cratere dell'esofago al cervello che lo osserva, come un esperimento, ride, è una operazione che li coordina i cervelli, li restringe, inarca, li incarna l'uno all'altro, sottraendosi a quello che guarda quello che l'altro avverte. formati dallo scomparto dello stomaco dipartimenti di es collettivi. lo fa nei bar, c'è una vasta gamma di scelta, ma a casa sua può farlo ancora meglio, non ha tempi, non è costretto ad andarsene, assorbe quanto gli pare. e la sua esperienza l'ha focalizzata su un cuba libre utilizzato come un sigillo. 1 bicchiere niente, 2 se è moscio 1+1 = forte stordimento, sensazione di leggerezza, assenza di gravità, senso del dolore invertito, e tutto irrompe da un soggetto ormai immoto [no pain no life], ciò che ha risucchiato si emette nel resto della realtà, viene attraversato e ogni cometa di moto schianta sul terreno, terremoti anche se sta fermo, lui non è più responsabile di nulla, io è un altro che si muove, che lo fa muovere, infatti sbanda, è mosso, ed è sentito, l'acustica impazza, griglie di altoparlanti ingabbiano l'apice del timpano, microfoni, cimici ambientali gsm posizionate nel corner dell'orecchio, e tutto fa cassa col moto, diventano onde invisibili lui a mollo che non le vede, ma le ingrana, e nel meccanismo la vista tipo zoom inquadra le valvole, gli interruttori e capisce ciò che non c'è. ne comprende l'assenza. comprende l'assenza. comprende, e poi un gran ridere
https://www.youtube.com/watch?v=KqVrziMtZM0
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