venerdì 5 dicembre 2014

[crash crash] mentis' on the dance floor/seinkönnen' on the dance floor

 Più in alto della realtà si trova la possibilità. La comprensione della fenomenologia
consiste esclusivamente nell'afferramento di essa come possibilità.
Heidegger

mettiti le cuffie, o, ancora meglio, divieni il filtro per le curve reali, realtà ipotetiche, perimetri esponenziali. vedrai essere frantumato controcorrente, e dei tuoi brandelli ne capirai la raggiera, i detriti che inalano ogni canale d'ossigeno per il fatto di essere sporchi inutili e pesanti, rovinano perchè occupano ma soprattutto occupano perchè ci deve essere la rovina. in altre parole il molto, ancor di più il moto rende tossici, la pulsazione aziona tumori, l'atto l'essere radioattivo. alla scacchiera i suoi pedoni: l'area si impunta qui, nella disco degli tsunami sonori, cioè non tu, ma la tua irreparabilità è lo sfondo del mondo. o diciamo pure la pista da ballo ->  il male è sballo -> spiegata la seduzione, il piacere del peccato. vige ora una movenza a quadrato, l'intelaiatura rende lo scoppio all'interno della suddivisione, le sinergie catalizzate nella catarsi del colore, in cui [da] sotto la luce pluriforme compare l'accensione casellare, e ogni quadrangolo è il contesto da cui proprio tu formi il cubo: il soffitto pende e tende al suolo, il suolo no, è già sotto, entrambi quindi hanno valenza negativa, e per maggior riuscita, necessitano che qualcuno li unisca, va bene anche a intermittenza; e tua è l'incombenza e sbotti e sulla pedana sei tutto, l'innesto della geometria, il nodo del dancefloor: conflagrare sistemi con l'anca, calcoli tensioriali con la torsione del tronco, funzioni a danza infrarossi, calcoli vettoriali se ti ci metti coi rivali, e nell'interno dell'algo-ritmo, queste equazioni sono indifferenziali ai passi. sei sul dancefloor più che mai la profondità, la proiezione di qualcos'altro, cioè quando scendi in pista non sei più tu, no-persona, ma una possibilità, x del podio-schema. da 0 a 1, da 1 ad indeterminato. non hai più ombra, perchè sei un riflesso, una percentuale che trasmette la contemporaneità del tutto. il pub pubblica il pubblico, intorno è soffuso e luminoso ed è l'atmosfera che scandisce lo spazio, funziona con l'astrazione la lastra lucente, che del corpo ad angolo retto fa teoria e stato ontico, tu ne sei la probabilità e il tunz tunz la realtà che ne deriva, l'essere stanchi e sordi, la dualità è applicata, la [chenonprenditu] scelta




venerdì 10 ottobre 2014

7 [0 o ∞ boh] turns of creation

non è corretto parlare di storia. 1. perchè niente è corretto 2. la storia è sempre una storia, anelli orbitanti sull'unità del tempo, cioè una sottomissione metallica alla conduzione, costrizione direttrice e protesi d'ipotesi. non c'è lo stacco anche se si sa essere straccio, ma il fatto può essere che il fato è affatto fratto dal suo traffico, figo e tariffario. nel senso che non c'è un nesso, tra l'evento e il suo movimento, e a forza di non c'è e non c'è lo dico nella sua forma contraria intendendo lo stesso: ecco un vuoto, il buco nero che lo ingoia, il senso, non gli da un freno, non si trattiene, dunque è questo il break, la tappa su cui si fonda l'ora, dopo prima di adesso. «sia la luce». e la luce fu. io vidi che la luce era cosa buona e separai la luce dalle tenebre e chiamai la luce giorno e le tenebre notte. e fu sera e fu mattina: primo giorno. l'ho fatto senza distrazione e con disazione. le cose erano già pronte, le ho viste in set settato, erano lì nel presente dell'attimo che non c'era, abitando figure e questo ha dimostrato che io sono il denominatore della produzione, che la neurologia è la costante di ogni fattore, primo motore stile tunnel, il tragitto non come pista, ma come iniziazione, e tutto vortica in aureola nel vertice encefalico, l'apice di ogni entità in proiezione, quindi raddoppiata e io le maledissi e dissi loro: «siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». con l'anatema li ripeto, li duplico, in un intensificare che non regge più, scoppia, capolinea dell'aumento in questo: detona su se stesso: l'accrescimento è un conto alla rovescia. c'è il +, e per questo si creano le , e l'essere è schiantato verso quello che non esiste, a intervalli di massa, ogni sostanza si può dire eterna perchè remota, fuori mano, epidemica contro il vettore che ha ma che non vede, eppure sono paralleli. ho creato il paradosso colpendo l'andare d'accordo, è il diluvio universale che ha benedetto ciò che ha travolto, c'è stato uno sradicamento, lo sconvolgimento che ha plasmato il peggior nemico in se stesso, in una diluizione che è l'epoca, e ora il numero delle masse è scisso, e scissione > corpi, atterrati nell'irrompere di un tempo che è volatile, si ritrae per un abbandono, preistoria, era glaciale, giganti di pietra e greci che, è probabile, non stanno più sull'asse del mondo ma sul paradosso, tutto secondo un senso logico: A) la mente è l'insieme delle sfere B) che fluiesce ad ogni exit per rientrare in quella dopo, C) ogni porta conduce ad uno spazio vuoto che viene attraversato solo per dimostrare un passaggio, D) dove quindi l'incongruenza è il più sensato punto d'incontro, non più mettendo contro, ma collaudato come colla, elemento che unifica tutte le pene con l'apposita fica, poichè dissi: «non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile», tutto spedito a missile, sino ad una tecnologia d'antimateria rilfettente quanto detto, in un principio d'indeterminazione in netta relazione alla forma mentis, dove in pratica c'è tutto quindi niente, al limite l'orma se [non] menti




sabato 27 settembre 2014

0.accomodati sul cavalletto 1.prendete la frusta

nasce, ogni lutto è una nascita
s'imprime l'atto del vivo fino a cedere,
adempie alla divaricazione fetale, quindi
fatale
espleta percorrendo, avvia per interrompere
il bene del circuito nella chiusura.
esce così una postura, il lato
adamantino, protesi B
dell'essere, l'indissolubilità
della rettitudine, l'esempio del
rigore, la precisazione
della giustizia, tutto tenuto su,
atto all'operazione, al sorreggimento
del consequenzialismo per cui una cosa si attacca
ad un'altra sino all'assemblarsi delle opzioni
per allinearsi al cielo, fare fila per
riportarlo nelle sue parti,
distribuirlo al denominatore dell'equità,
depositarlo nella gradinata creando
orbite di colonne,
galassie e pace nell'armonia della proporzione,
predisponendo tutti i pezzi a derivata, alla dipendenza che
si fa incasso, pronto alla restituzione.

è ormai grandezza, può essere applicata
una misurazione, l'ordine, blocco predisposto al
collasso, come ogni principio di fede, ed è in questa ellisse che subentra
la gerarchia degli accidenti.
non c'è più sessione ma secessione, non sezione ma selezione,
e ogni rotazione avviene per forza, un gioco di forze
bilanciato su ciò che non c'era, ma
tutte le nascite sono lutti
e adesso si è predisposto all'euritmia dell'evento,
sotto ritmo del vento.
pendono code, si fondono
alla temperatura del collasso,
ridistribuiscono posizioni,
particelle, lo sparpagliarsi
dello scheletro per il getto di enzimi che precipitano
la stabilità della costante in nuove operazioni
nel temporale in vetroresina dentro lo
stage dei tessuti.

la costruzione risiede nel cardine rotto,
nella stampella necessaria al movimento, in quanto così è
ed è sempre stato,
la potenza prima o poi diventa atto con
labbra sbragate, fenditure accompagnate dalla
rete dei nervi, organi dislocati dentro a tessuti traslati,
nella grandine di schiocchi dove il fiato s'incrina
nel movimento della perfezione, e lì lo schiocco schiude
l'urlo che si chiede se è meglio essere o avere
erso nel tappetto di umori, perpendicolare sino al
taglio, sempre più
ibridato alla vista della vita
la sua in uscita




domenica 7 settembre 2014

CAZZALINAZIONE [CANALIZZAZIONE - azione a cazzo, cazzo di azione]

Ogni possibile oggetto, in termini logici, «ogni soggetto di possibili predicazioni vere»,
ha appunto proprie maniere di presentarsi a uno sguardo capace di rappresentarlo,
di intuirlo, di coglierlo nell'originale, di «afferrarlo», prima di ogni pensiero predicativo.
Husserl

chiederti di considerare la presa, di prendere come sono le associazioni di spazio, farne una viscera, plasmare peso, macchiarsi per sprofondare in quel plasmide creato che per la creazione in realtà doveva aspettare la finzione, invece diventa funzione [ah, sto parlando dell'esistere] et ex nunc smetterà di assumere, cioè non implicherà più terzi ma mezzi tersi e tetri. nel senso che qui si agisce come uno schema, si spalano geometrie per implanare enti attraverso spartiacque... piano, piano... [piano] può star a significare arrestati o di solito un bianco sdraiato [+ le doremifasollasi], usato ora bitonalmente non può che stare per [muori] riposati, abissati nel 3D di te stesso, nuotati, sbattiti sui tuoi nervi, fracassali per fare cassa delle catastrofi, percorriti a modo di cosa interessante, se ti piacciono solo i porno, monta graticole siderali, chiavati l'anima e stendila contro il sostrato che così ti passa attraverso, renditi lo snuff movie più virtuale della storia e lascia il tuo occhio si espanda in onda. così fatto sei acceso, si parlava di vita, ora sei l'algoritmo le cui punte non concretizzano la pulsazione, ma una pulsione: intercambiabililità, fine delle cose, Α e Ω del principio, qualunque cosa qui è parallela al marxismo, blocco svuotato, shopping di connessioni, la matrice dev'essere il cervello di LEGO. il pezzo percorre la strategia del nulla, accede al menefreghismo tramite la fisica, sei quantizzato di ozi - perchè il caso è caos e non ha mirini, concede il fuoco al risultato, non allo scopo, così vige l'accavallamento delle funzioni, download privi di deontologia che scaricano nell'attrezzo il radiamento, la radioattività dell'andar bene in ogni caso. per questo esiste l'infezione, per questo le frequenze innestano la scossa che amplia il senso della vita, la recezione della fine in spirali di antenne che contemplano il rottame in rottame, tutto questo aderente a te, da yocto a yotta, traslucido nel potere di dire niente, la creazione è una reazione al nulla



martedì 8 luglio 2014

ANTINTERNO-INFERMO-INFINITUM, ecc.

sta andando tutto crespo, viscido come l'odio, si sta incapsulando il prototipo, la razza del campione, la provetta emessa dalla scissione. è sempre così, la sperimentazione mentale azionata a specie di rimembranza. per i non addetti ai lavori, essi o tu o la fantasia cromatica staccata da un pronome che include una presenza, minimo almeno una presentazione, si dice aspetta nell'anticamera "qui si convien lasciare ogne sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta. noi siam venuti al loco ov’i’ t’ho detto che tu vedrai le genti dolorose c’hanno perduto il ben de l’intelletto" e infatti è più o meno vero, ti devo la persona col suo perso, più e/o meno, che se il più va nel meno compare una differenza positiva, un +(-), inverso un meno nel più -(+), insomma se c'è il positivo si finisce al negativo, se c'è negativo si finisce al positivo, questo è il principio del peccato originale, si, e sic, perchè c'è purezza parallela, una simmetria di purezze che devono un implemento, dove l'origine non è origine di nient'altro, e quindi 2 principii precipitano nella frase, nell'enunciato della completezza, il compiuto è inquinato ma nuova origine, la trasparenza del globulo di bok, si diceva appunto il peccato originale. ma mi hai fatto smontare dal tracciato proverbiale, bravo, perchè non vuoi stare nella sala d'attesa, una stanza abbastanza ampia che è il centro dello sviluppo: un nulla imploso, eccede nel minimalismo di tutto ciò che lo permetteva, ovvero di spazio, spazio che stride, immette la possibilità nella sala, la pluralità di ciò che è possibile, cioè il crocevia del megaverso dentro una fiala, un acceleratore lineare, ma ancora non ci siamo, questo è una branchia, la scheggia di sintetizzazione, una sterilizzazione. infatti la waiting area è tutto fuorchè sporca, il µm contempla lo sfavillo, la parete è percossa dal piatto, scorre bianco, granito, e dai vetri posti in alto avviene una conversione delllo spazio in agio, tutto funziona in un'[av]aria[ta] condizionata. c'è un puzzle di sedie, e nel cardine della stanza un'occasione metafisica, l'angolo appartiene alla fenomenologia, una tensione compatta la prospettiva della gradazione, ogni grado può essere ampiezza o temperatura, e si intravedono nell'anima tutti i reparti, quantità, qualità, luogo, tempo, giacere, avere, tutto agito in relazione alla sostanza per il risultato del patire, ridotto nell'anima dell'area, un prototipo di aristotele, aristotelicamente prodotto. e vedi tubi, travi, apparecchiature sotto griglia, e intanto sei parte dell'impianto che vedi solo perimetrato nel tuo pianto




sabato 24 maggio 2014

overgrowth : male = ? : pace

{c'è sempre una profondità, spalancata nel rapporto in cui un diametro spaziale, e ce ne ha tanti, tipo torri di pori rotti, occluda la possibilità di infiltraggio, cose come sensori, termometri d'identità, spie che spoetizzano lo scopo del segnale, fanno lo spoiler attraverso una sonda emittente memorie/memento audere semper. in ogni caso, non fidarti di me, ma sappi che l'abisso posizionale, tal baratro secolare s'incarna nella scossa, e sempre inghiotte la sfrangiatura che si attiva per ogni passaggio[: non sta a credermi, ma le cose stanno così: cielo e inferno sono lo stesso, quello che cambia è il loro fremito, dove la scarica diviene improporzione, proprio perchè si muove; (attira su di sè ogni attenzione, è l'unico cristallo riflettente, fluo imme(r/n)so nel party del buio, e funziona, innesta un parco egologico, una fiera delle vanità, perciò anche se non è vero capirai come ogni suo strappo sia uno schianto universale, ogni prurito la sostanza del movimento, è in sè ciò che è per sè, l'eidetica del reale. per l'accesso al narciso occorre sempre almeno uno specchio, qui ne è circondato, schedato, pattern di laser che nella loro circolarità fossilizzano ciò che non sono, nodo focale, il rapporto tra tutto, ciò che sartre dava per strati di ego, je, me, catalizzatore di ciò che più non gli appartiene. questo orizzonte di gelo ne disvela la funzione, l'intero è immobile, non nel mezzo, ma del viavai, l'irrigidirsi dello shopping, il fissamento nella catena di montaggio. è pura condensazione, attrazione ferromagnetica dell'oggetto, e l'ossimoro è la perfetta sintesi di come stanno le cose: il contrasto che fluisce per vie trasverse. infatti ogni aporia funziona per gallerie, CERN sotterranei a più trasmissioni, vige l'isolamento, non si incontra mai niente, c'è il parallelismo dell'evasione, e ciò spara la faccenda non come opposizione, ma come incompatibilità, e questa è un'antinomia anatomica, strutturale, e di conseguenza, antidell'antidell'antiecc, sempre più giù, più all'interno dell'officina, esponenziali le inconciliabilità in uno spazio sempre più ristretto, angusto ab aeterno, sempre più delcive al nucleo del contrasto) quindi dove c'è uno schizzo dinamico ci stà sempre un intasamento, e nelle piogge del water, sempre un ingrandimento, non chimico ma scacchistico, un moskstraumen di qualità che fa del liquido un sudoku] le dosi sono troppe, prorompono in ciò che dovrebbe essere pace, effettuando lo scanner per cui esce in stampa ∞D lo spossamento delle cose, talmente sbattute, da divetare malate}: ora credimi, ormai sono spastiche



martedì 13 maggio 2014

sagra sacra

è estate ed è sera. è sera, soprattutto. il cielo ci combina tutti come una pupilla spenta, una prospettiva accecata, stesa nella più atomica deflagrazione che è andata ad incappare nei tempi della sagra. la zona inghiotte l'uomo nella corsa ad ostacoli, escogita le trappole per i suoi traumi, effettua alla fine un reset intellettivo per il ready volitivo, la vocazione degli apparati, lo slancio dell'orbatura allacciata coi gas a fibre ottiche, il clima più che del caldo dell'atto, ustionato a mo' di skin su tutte le apparecchiature. e si, sono strumenti di supplizio, e ognuno prima di tutto provoca la scossa, poi finito si atteggia a Dio, tu per lui pronto a vivere nuovamente il martirio, scrollato da una forza (non/sovr)umana per farti uscire da te stesso, per sganciarti ogni memoria, riformattarti con l'ingrediente del ritorno, insomma il check-up del desiderio. ed è come se ogni macchina divenisse uomo e tu divenissi automa, scagliato da un container all'altro, tu la scia la tensione la testa della fucilata, mai pronto per la resa: altro giro. e quindi la sagra si adempie come un circuito cerebrale, il nevrasse di cicche bulloni e urla che formano le indicazioni per il labirinto pure feriale. ogni attrazione si comporta a trazione, come bozzolo, come un nuovo pianeta a fasi, orbite il cui punto di contatto è dentro il propulsore, la popolazione reologica, la sua attenzione prende il movimento della giostra, si modifica con propagazione sismica, l'occhio e non lo scheletro è ciò che sostiene la scena, tutto ad un modello ad alta velocità che avvolge esponenzialmente l'ubicazione a venire, perpetuo, e la giostra è DIO nel traffico di sfere e genti aristoteliche. oltre la teologia delle giostre, c'è anche da comprenderne la sociologia: sono infatti a LV, occupano posizioni gerarchiche e più si punta in alto meno sono accessibili, hanno funzione ascensionale, e i punti che smuovono negli adattamenti, nei timori, corrispondono a puri segni locativi: è un fatto che chi non arriva al concepimento di una di queste macchine, non arriverà mai neppure al raggiungimento della quota cinematica che essa procura arrampicandosi nell'attrito dell'aria, c'è sempre una casta bifasica, proiettata negli spazi intoccabili che hanno soggetto e oggetto.
e ora si gira con l'ontologia mi sono catapultato rischiando di spezzarmi un ipostasi il sostrato del midollo ma non m'importa ora sono trincerato dalla sbarra dell'esaltazione dico addio all'apertura del resto m'inoculo nella partenza come un virus per il tempo e io sto fermo questo il bello il giro lo compie il mondo che finalmente vedo ruotare dopo tante rivoluzioni ora prepara flashforward di ciò che sarà la prossima guerra con me per siluro per il cuore che ad ogni rimbalzo si sente sempre più inaccessibile perchè porta con se il segreto cioè l'attacco della vita che in questo momento vivo sotto la nebbia di fasci di scie che rapprendono il corso la durata e quindi l'eternità io attraverso la contrazione e lo sbattimento posto su un altro livello di realtà posso capire di essere eterno nell'attimo del decadimento della curva che si comporta come una collisione dentro la cabina con l'es e il super-io e tutto senza respiro contenuto nell'urlo di qualche giro dimostra che la stasi è doppiamente divertita dal momento che tutto intorno a lei vortica e io dunque sto nella vibrazione parmenidea atta ad un completamento minerale e c'è la sensazione delle texture colorate che agiscono che io m'aggiro come elica della psiche ritorta su se stessa che mi fa capire che ogni luce che vedo dall'alto è una sezione della sofferenza, come se questa non avesse controparti ma solo versioni, e il giro sta finendo si sta esaurendo nella navicella irretato tutto dalla temperatura ai seu te pego, da polipi ciclopici, da navi pirate che si fossilizzano nella stortura e nelle masse che ogni nm concede ad uno spettro, nella direzione di una voce altoparlante sempre uguale, capendo che il divertimento è un genere dell'impazzata e ogni caos s'arresta coi LMFAO e coi 2 euro spesi per il bigliettone-nucleo appena [ri]fatto




http://www.youtube.com/watch?v=HD5QVpyLaFM

domenica 13 aprile 2014

LV 0

ma la nostra eredità - di questa frase si ricordò nettissimamente - sono
le nostre inclinazioni. In esse noi viviamo ciò che ci è stato assegnato:
Benn

d'accordo, difatti sotto le inclinazioni c'è lo spazio rifrangente, che si spara a versioni, si sgancia ogni volta nel nucleo del volo, nel tendine atmosferico e come tutte le scissioni, si ristabilisce oltre il suo limite, fonda l'ontologia dopo la propagazione iniettandosi a barriera che riesce solo nella concentrazione della stretta, facendo del paradosso il suo sap[o/e]re osseo. ora ti spiego meglio l'aporia del fluido, la storta che fissa la storia al tasto che la fa smorta, natura-concetto, stile ostia: io l'ho sempre detto, pensavo il mondo fosse a strati, calcificato, inagibile, e agivo dicendo che lui creava le sue proprietà ma devo ricredermi nell'ottica che il suo zampillo non era altro che la forza delle increspature, la frizione del cemento armato, l'impraticabilità del piombo. quindi è proprio sul dissesto che tutto si basa, le fondamenta sono la sostanza, e se la sostanza è un contro più che un incontro, se è impraticabile è impatricata e l'attrito viene prima di tutto: e questo tutto quindi è un effetto, il mondo che dipende dal livello. e ora si squarcino gli hangar, per chi di queste fasi si sfasa in gara: lo spazio, il fuoco, l'evaporazione, il fosgene, tutta la metrica della rima da particelle, l'articolazione si consente congiungendole in un ordine, prediligendo il chiuso che fa di ogni involucro un update per quello dopo, che è anche quello prima, non c'è centro quindi vale l'ambivalenza junghiana, non compare meta quindi senza metà ha tutto un reticolato di ritorno, se tocchi un corpo questo fa da scambio, può contrarsi o mettersi dietro, vedilo come il tuo touchscreen in un complesso-amplesso che sta anche nel tuo, di [di]dietro. non c'è catena di montaggio e non si vede un monitor, un pò come l'oculus rift che simuli l'archè, è tutto spalancato in correnti, in vastità ascensionali, babele di scie e detonazioni e l'esistenza non ha occhi, perciò ha come legame col resto l'esser cieco, si rapporta attraverso il baratro e così qui viene fuori questo: ogni quota risponde alla strategia dell'evaporazione, perchè inconsistente, perchè il valore si ha nel paragone, nella parallela, non allo sprigionarsi dell'atmsofera in forma di supplizio della croce (⊥); sono la quantità ⊥, che come unica qualità incarnano il nulla, sostanza sterminata e scorrevole, da un ∞ all'altro delle schegge, cose sparse, aree aeree e intoccate, che rendono il nulla il dio, deus sive natura, il cuore


venerdì 21 febbraio 2014

LIMA ti lima la vita

te lo dico subito, cioè come se non lo dicessi mai, se l'attimo è il nulla, un'eterna negazione spacciata per urgenza comunicata, e se sia comunicabile è il discorso, a sua volta x dell'intesa, questa y della presenza, di sua z ontologica, e qui sartrianamente catapultato tutto indietro, all'esterno della recinzione azionata per la recezione. l'excursus s'imprime a plasmalemma sul lemma del dilemma [dì-lemma], più che in modalità di stretta nel modus di tombale pietra, che persiste come effetto se vivi, come casus belli se sparivi, pendendo dal soffitto. sconfitto, sei integrato nell'attrezzo, compatto al meccanismo, tutt'uno come dispositivo attivo per le rotaie di un pezzo elettrico di un trenino, dove il modellino voltaico innesta quanti scintillanti al ritmo dei tu-tum tu-tum miniaturizzati: il moto attraverso la lente. a corrente, le piste permettono rotazione, inclusione, induzione, con la spinta dell'area di pavimento installato, [pro]posizioni comunque e sempre a formato ricaricabile che scarica tensione all'occhio rubato e involato e volatile per il viaggio di qualche metro + la profondità visiva - l'ampiezza d'angolo nel centro della stanza, tutto a risoluzione ricreativa. la LIMA impazza dove preme il verde, nel praticello finto dove cioè l'elettricismo non sta solo sul piano, ma come tunnel tra il nervo ottico e l'averno di quel terreno orizzontale, la rappresentazione tramite campionamento d'immagine, il colore a veicolo. si usa di tutto ormai per sparare, impattare per appiattire, l'attempt pattuito basti vedere tra NERF, la gomma che schizza stizzita e si schiva, la SWARMFIRE che non ha volto, ma l'∞ a munizioni, compie eliche a motore ellittico per esaurirsi estinguendo, essiccando le pile che come scopo hanno quello di mezzo, e tutto in una sparatoria finisce quande lo scadere del giocattolo coincide con il tempo mai iniziato, ponendolo/potenziandolo come utile, neanche a qualcuno, ma a qualcosa, secondo la regola materia + tempo = decadimento-cessamento-cessoinavanzamento, la tua fine ti comprerà progredendo per ogni tua spesa sui LEGO. l'indicatore è quello




http://www.youtube.com/watch?v=znrF2tGyhrk

lunedì 6 gennaio 2014

i o dis-carica

me in te, fonte di frequenza, tonfo nel fondo intermittente, carico di acque mestruali indirizzate, circuiti fraseologici al tempo di direzione, in cui la meta non ha tracciato: tutto s'invola con una linea nera slittante. e secondo le increspature della superficie, si ha registrazione di nuove zone, di lassi orbitanti a processo satellitare che s'imprimono a scheda protocollare, quindi rilevati da dietro da davanti per il dentro; questo si comporta come un atrio muscolare arterialmente sotto un ping-pong di valvole, un valore d'alveare che ristagna, senza rilascio, la compensazione magna che si guadagna. l'occhio è posto sopra, in verticale, e non vede l'azione ma il ritorno, una repulsione di cose vere, le realtà a rimbalzo sfrangiante, in vista di cui tutto si scompone, si catalizza in informazione che si riproduce negli interni, ogni orizzonte si fa sempre più stretto, serrato e regolare. per questo più vicino, più succinto alla base di ogni ripresa, più che mai una costellazione di contatto che inghiotte per proiettare. per questo la materia non scade mai, nonostante sia scaduta, da buttare, la decomposizione ne trasforma il modo, ora numero prima moto, in un afflusso fluido di flutto negativo, a reticolo delle ondate controluce, il ruolo dell'irreale. ovunque ce ne hai a che fare, tutti i giorni, quando sradichi il sole e ti chiedi perchè non scompare, o sei in picchiata su di un sedile e non ti volatilizzi nel precipitare. o sempre la realtà si rifà sulle tue palle, la rottura di coglioni che non li sprigiona davvero, ma in una teoria dell'oggetto in sottofase, bob da neve che permette l'estensione tra te e realtà differenziate. ogni mossa smuove, si fa un esercito di particelle che vanno tutte a margine, lasciando l'[in]utile a stagnare, imputridire sino al punto per cui c'è talmente tanto immateriale da frenare, da arrestare in slow-motion ogni aritmia quantizzabile perchè allora ci si accorge che sono più le cose buttate, immote che trainano l'universo alla loro posizione per influenza a pressione, i pesi ne allentano la superficie, poichè questa artrite ne è l'attrito e più autentica immagine, la rappresentazione spinta dentro l'insieme, di cui i numeri immaginari, come saprai, ne sono la più grande motivazione