inserito il cavo fonditore all'uscio dell'osso sacro
al varco che flette il flagello dalle scapole all'assito incline
con sviluppo dello schiacciare, si storpia nello spremere
corrente, diviene la tangenziale dell'aspetto fisico di imbottitura
sino all'introito nel collo lo sbocco di risorse in adesione al vestibolo
alla forca calorica allo svuotamento per essere qualcosa
per muoversi in fonte, per inerzia al rendimento modulare.
il + ingozzato a forza a imbuto nel fotone della testa
che si spara sulla dimensione a riposo segnando di Y
il territorio in regresso nelle zone di accesso formulando
la dipendenza al testamento della quiete al trapasso del fisso.
l'origine non si accontenta se non come principio deformante
di ciò che non sentiva, non poteva vedere nemmeno la sua casa all'asta
non snaturava il senso ora invece ogni respiro è in corruzione
poichè le cose hanno il destino della stasi senza il motivo di fine
la ragion d'essere dietro la tendina che separa l'apparire
mette a fuoco la figura circondata da un bel niente
prende la mira sulla trasparenza su quello che vede partendo da quella
come detector attraverso la distanza da cui si sta meglio se non si guarda
un'immagine nuda in sproporzione proprio nel muoversi a scadenza.
ciò che si trova stagnante è lo squilibrio del corpo col suo happy end
l'assimetria della causa con l'effetto, quella discrepanza a caselle
che ha percorso delle linee fuori fase, l'audio ritardato
in cui lo spin si percorre fuori dal contesto, placche che solo di diverso
subiscono il tempo l'interazione verso il se stesso.
del mondo, suddividendo, in dimensioni fa di ogni sezione un dislivello
un potenziale supplemento all'atto della gara, ciò che si frega
per niente ma induce a evacuare, a formare tagli dappertutto
il dove ogni volta sarà diverso rispetto al periodo
che rende l'occasione la sconfitta del cosmo, di questo che si afferra
solo alla convergenza dello zero
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